Autostima vs Autoefficacia: La differenza

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Autostima vs Autoefficacia: La differenza

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Autostima vs Autoefficacia: La differenza tra due costrutti fondamentali in psicologia dello sport

Autostima ed autoefficacia sono due termini abbastanza noti ed usati nel quotidiano ma che spesso vengono confusi.

Molto spesso, infatti,  si sente parlare sia nello sport sia nella vita quotidiana di autostima… si parla di giocatori con alta o bassa autostima in contesti completamente avulsi rispetto al territorio semantico della parola in sé ed è giusto fare chiarezza.

 

Entrambi questi costrutti (autostima ed autoefficacia) sono importanti e fondamentali nella nostra vita ed è giusto conoscerli entrambi per poter poi capire le differenze tra di loro.

 

Cominciamo con il parlare del primo: l’autostima

L’autostima altro non è che il modo complessivo in cui giudichiamo noi stessi ovvero una percezione del nostro valore. Sentirsi bene nei confronti di se stessi in termini generali sembra quindi che proietti un alone positivo su di noi agli occhi degli altri. Questo significa che si può parlare di autostima come un aspetto globale della personalità di una persona e non di un particolare aspetto specifico.

Proprio quest’ultima frase ci è utile per parlare del secondo costrutto, meno noto, che è l’autoefficacia.

Per capire quanto questo concetto sia importante nello sport dobbiamo fare riferimento a colui che per primo ha parlato di “autoefficacia”, ovvero Albert Bandura, noto psicologo alla Stanford University.

Bandura definisce l’autoefficacia come “la percezione che le persone hanno rispetto al loro sentirsi in grado di eseguire determinate azioni e di raggiungere livelli stabiliti di prestazione, in determinati compiti e ambiti delle loro vite”. Queste convinzioni giocano un ruolo fondamentale nei vari contesti dell’esperienza della singola persona, dal momento che i modi in cui ciascuno di noi decide di svolgere una determinata azione sono fortemente regolati da come e da quanto ognuno si ritiene effettivamente capace di eseguire quella determinata azione.

Ma come mai l’autoefficacia è così importante in ambito sportivo?

Numerosi studi hanno denotato la rilevanza dell’autoefficacia valutando diversi soggetti e si è notato come, atleti con alto livello di autoefficacia percepita, riescano ad utilizzare strategie più appropriate per ottimizzare la loro performance sportiva, riescano a resistere maggiormente alla pressione competitiva e allo stress e riescano a perseverare nonostante i fallimenti e/o quando i miglioramenti non sono costanti o sono troppo lenti nell’arrivare.

Questo può già far capire quanto questo costrutto sia importante, ma soprattutto quanto può essere fondamentale per la buona riuscita di una prestazione sportiva.

Prendiamo ad esempio l’esecuzione di un calcio di rigore nel calcio o un tiro libero nel basket. Se un giocatore è consapevole dei propri mezzi e si fida delle sue capacità nel tirare bene quel tiro, quasi come se fosse un gesto automatico, difficilmente, se il suo pensiero sarà positivo, fallirà quel tiro. E, anche se dovesse fallire non vivrebbe quel tiro come un fallimento ma sarà in grado di capire ed analizzare il suo errore per non ripeterlo più in futuro.

Se invece il giocatore è in un momento particolare della sua carriera in cui non si sente in grado di fare molto e pensa che tutto quello che fa non serva a nulla, molto probabilmente la sua percezione di efficacia, l’autoefficacia appunto, sarà bassa e molto probabilmente sbaglierà quel tiro. E se anche dovesse segnare penserebbe probabilmente che sia stato un colpo di fortuna piuttosto che il frutto di una sua capacità.

 

“Colui che crede di potercela fare e colui che non crede di potercela fare, spesso hanno ragione entrambi”